Gli effetti dell’isolamento sulla psiche dei ragazzi adolescenti sono diversi: depressione, ansia, reazioni rabbiose, disturbi del sonno.
Ma come mai accade tutto questo? In fondo si tratta solo di starsene in casa a giocare ai videogiochi, giusto? Non è forse quello che vogliono sempre i ragazzi? Non è quella la lettura che abbiamo sempre dato degli adolescenti? Speriamo che questa pandemia ci porti almeno una cosa buona: uno sguardo diverso su di loro.
Eppure sono fatti per andare, per scegliere, per sperimentare; però si sentono dire che non si devono lamentare se possono solo mangiare patatine davanti alla TV. Vedono, quando va bene, pochi amici contati e selezionati e dovrebbero già ringraziare perché viene loro concesso di frequentarli nonostante il rischio che implica per nonni e genitori.
Il loro cervello urla un bisogno di esplorazione ma loro se ne stanno chiusi, soprattutto per proteggerci. Rinunciano alla scuola, che gli abbiamo sempre detto essere essenziale. Loro si erano fidati di noi. Gli chiediamo di spegnersi, di mettersi in stand-by perché prima ci sono altre categorie a cui pensare.
Gli adolescenti sono in un momento unico e particolare della vita umana. La loro caratteristica peculiare è che hanno bisogno di andare. Hanno bisogno di attraversare la foresta, raggiungere il villaggio al di là di essa, o forse quello ancora più in là, oltre il fiume, o addirittura oltre il mare, per trovare il partner con cui accoppiarsi e fare figli. Andare lontano da casa, tra sconosciuti, è condizione fondamentale per minimizzare il rischio di rapporti tra consanguinei che potrebbero far nascere bambini con delle malformazioni.
Questo dice la natura, da migliaia di anni. Questo è quello che garantisce la riproduzione della specie, da migliaia di anni. Ciascuno di noi ha bisogno di mettere qualcosa di sé nel mondo. Forse un figlio, forse un’idea, forse un’opera d’arte ma ognuno di noi ha bisogno di realizzarsi e lasciare la propria impronta nella storia. E per farlo deve allontanarsi, fisicamente e simbolicamente, dalla sua famiglia d’origine.
Infatti gli umani vanno, popolano il pianeta. Non lo fanno da bambini, quando hanno bisogno di mamma e papà per crescere sicuri e sani. Non da adulti, quando hanno i cuccioli da accudire e proteggere. E nemmeno da anziani, quando non hanno le forze.
Lo fanno proprio da adolescenti ed è il loro organismo a chiamarli prepotentemente. Per questo gli effetti dell’isolamento sulla psiche dei ragazzi sono qualcosa a cui dobbiamo stare particolarmente attenti.
Affinché il lungo (l’adolescenza dura anni!) processo di separazione e individuazione si realizzi l’organismo produce ormoni e neurotrasmettitori che attivano e sostengono questo passaggio. Quindi per esempio in adolescenza ci sono scariche di dopamina quando si corrono dei rischi. In effetti se devo attraversare la foresta ho bisogno di sentirmi un po’ carico, un po’ un figo.
Anche qui, per migliaia di anni, il cervello ha perfezionato i modi per sostenere questo importantissimo compito evolutivo. Questo è vero anche in tempi di Covid.
Infatti il titolo di questo paragrafo dovrebbe essere diverso: gli effetti dell’isolamento sulla psiche dei ragazzi NON cambiano il cervello. La loro mente, come la nostra, continua ad avere bisogno delle cose che le fanno bene.
Mangiare e bere sono cose che mi servono sempre. In condizioni di scarsità potrò adattarmi a mangiare troppo poco, o sempre la stessa cosa, ma il mio organismo non smetterà di avere bisogno di cibo sano e vario in quantità sufficiente.
Il paragone tra isolamento e scarsità di cibo non è casuale né eccessivo quando parliamo di adolescenza. In adolescenza infatti abbiamo bisogno del gruppo dei pari esattamente come di nutrirci.
Torniamo al problema della foresta: se la attraverso da sola sono quasi sicuramente morta al primo tentativo. Se la attraverso in branco, se siamo in tanti, tanto amici, tanto complici, in grado di capirci con uno sguardo o con una battuta le mie probabilità di uscirne viva schizzano verso l’alto. Per questo in adolescenza il gruppo dei pari è così importante: è una questione di sopravvivenza.
Anche questo rimane vero in tempi di Covid. Non basta una pandemia per demolire le strategie con cui l’evoluzione ci ha permesso di sopravvivere.
Gli adolescenti non possono uscire, non possono fare gruppo né sul muretto né in discoteca, non possono fare progetti. Il loro organismo li proietta in un futuro che non possono costruire. Arrivano molte richieste di adolescenti in questo periodo negli studi psicologici.
Finiscono con l’essere un po’ assenti, apatici, un po’ dissociati.
Così si tagliano, tentano il suicidio, si deprimono per la mancanza di senso che provano nella loro vita. Se non stanno proprio così male si arrabbiano, reagiscono in modo nervoso e conflittuale. Questi ultimi forse non si sono ancora arresi allo spegnimento che gli chiediamo.
Gli adolescenti hanno bisogno di trovare la propria strada e affermare se stessi, ribellarsi agli adulti. Gli effetti dell’isolamento sulla psiche dei ragazzi stanno qui, nella fatica di non potersi affermare e di non poter emergere.
Devono inibire il loro corpo, le loro emozioni, rimanere fermi pur in uno stato di allarme costante. Tutti vivono un certo livello di stress, di ansia e anche un po’ di depressione in questo periodo. Hanno tanta voglia di uscire e incontrare persone ma quando poi capita un’occasione magari passa la voglia. Come se fossero in modalità risparmio energetico e uscirne richiedesse troppo sforzo. Il loro corpo si intossica di ormoni dello stress e comincia a denunciare malesseri vari, dalla tachicardia ai disturbi intestinali. E poi gli attacchi di panico, l’ansia, i disturbi del sonno e un costante basso tono dell’umore.
Se per qualche ragione un adolescente è arrivato alla pandemia con una storia già complicata è ancora più a rischio.
Là dove ci sono già delle vulnerabilità personali o familiari i ragazzi, privati anche della scuola e delle relazioni che in essa si creano, si ritrovano in un vuoto di senso che li fa ballare con la depressione.
Gli effetti dell’isolamento sulla psiche dei ragazzi che hanno vissuti traumatici alle spalle aumentano il rischio di sviluppare PTSD, atti di autolesionismo, disturbi alimentari o tentativi di suicidio.
Se poi consideriamo che a volte la famiglia è proprio il luogo in cui avvengono abusi, maltrattamenti e trascuratezza è evidente come gli effetti dell’isolamento sulla psiche dei ragazzi in questi casi possano essere deleteri perché non c’è mai una via di fuga. Il rischio di dissociazione è quindi molto alto. Hanno proprio bisogno di un aiuto concreto.
Io credo che innanzitutto dobbiamo sostenere le loro proteste. Dobbiamo legittimare e validare quello che provano, senza liquidarli con un inutile “Siamo tutti nella stessa barca” o “Non siamo mica in guerra”.
Dobbiamo aiutarli a continuare a progettare, fornire cose interessanti da fare, pensieri da alimentare, sogni da realizzare. Per mitigare gli effetti dell’isolamento sulla psiche dei ragazzi cerchiamo di far loro sentire che stanno SCEGLIENDO.
Sottolineiamo la differenza tra una rassegnazione, passiva, e una accettazione, attiva. Stiamo scegliendo di proteggere e proteggerci, perché teniamo ai legami familiari. Stiamo accettando di non andare a scuola perché siamo cittadini responsabili, ma scegliamo di protestare affinché si costruiscano soluzioni sostenibili il prima possibile!
Cerchiamo di aiutarli ad avere una routine a cui appoggiarsi per non sentire troppo il vuoto e la noia, ma lasciamo che sia abbastanza flessibile da poter alimentare e sostenere qualsiasi forma di espressione artistica o fisica che trovino. Così che le loro emozioni non rimangano incastrate in un corpo senza parole.