GRUPPOANALISI
UNA GRUPPOANALISI INTEGRATA
Ciò che conta per me sei tu. Sei tu come persona, nella tua interezza, con tutto il tuo mondo. Il tuo disturbo è qualcosa che denuncia la tua sofferenza, ma non sei tu. Voglio capire da dove viene e quali origini ha per poterlo elaborare, per far questo dobbiamo conoscerci ed entrare in relazione: io ho bene in mente che il disturbo non ti definisce.
COS'È LA GRUPPOANALISI
La teoria con cui mi sono formata, quella che mi porto dentro come il mio nucleo centrale è la teoria gruppoanalitica. Il modello della gruppoanalisi è stato approfondito da molti autori. Ho fatto la scuola di specializzazione a Milano, nell’Istituto Milanese di gruppoanalisi fondato da Diego Napolitani. Quando parlo di gruppoanalisi mi riferisco alla teoria così come lui l’ha elaborata, anche se non entrerò nei dettagli del suo pensiero in questa sede.
La radice “Gruppo” si riferisce al gruppo interno, alla folla di persone che ciascuno di noi si porta dentro. Non è quindi la terapia ad essere “di gruppo” (io in effetti al momento faccio solo terapie individuali), siamo noi stessi ad essere un gruppo. È dunque una teoria profondamente relazionale.
“Analisi” perché, in assonanza con la psicoanalisi, analizza le ragioni profonde del comportamento umano, quindi i vissuti psicoemotivi alla base dei disturbi psicologici. Assunto fondamentale in gruppo analisi è che i vissuti più profondi sono radicalmente relazionali, cioè nascono nelle dinamiche che ciascuno di noi ha sperimentato nel suo sistema famigliare, in particolare con mamma e papà. Quasi sempre è dentro alle relazioni primarie che si sviluppano i disturbi psicologici.
PERCHÈ INTEGRATA
Tra gli approcci del panorama psicologico esistente la teoria dell’attaccamento e il filone dell’Infant Research sono per me particolarmente interessanti. Come la gruppoanalisi infatti sottolineano la centralità delle relazioni sulla formazione della personalità e sullo sviluppo dei disturbi psicologici e si fondano su solide evidenze scientifiche.
La teoria dell’attaccamento si occupa delle caratteristiche del legame tra il bambino e le sue figure di accudimento e delle sue conseguenze sullo sviluppo. L’Infant Research è un filone di ricerca che studia lo sviluppo psichico infantile. Gli psicologi ricercatori che fanno parte di questi approcci producono molte ricerche scientifiche per dimostrare o falsificare le ipotesi proposte. Studiano le abilità cognitive e relazionali del bambino fin dai primi attimi di vita, dando così base scientifica ad alcune intuizioni della gruppoanalisi.
La gruppoanalisi ci invita a concentrare la nostra attenzione su quello che accade a livello intrapsichico, nel vissuto della persona, senza tanto indagare gli eventi concreti accaduti e come si sono svolti. Pur ritenendo fondamentale come sono stati vissuti certi fatti, per me è fondamentale conoscere anche i fatti. Anche per questo definisco il mio modo di “fare” gruppoanalisi una gruppoanalisi integrata.
E’ su questa base che si struttura il mio approccio, che tiene insieme una psicologia orientata alle relazioni, con la profondità della gruppoanalisi e l’efficacia dell’EMDR, della VIT e di altri strumenti. Il mio è senza dubbio un approccio integrato. Anche le condizioni dei nostri incontri dunque variano. La prassi è che ci vediamo 50 minuti una volta a settimana, ma potremmo anche decidere di vederci due volte, o ogni 15 giorni per un tempo più lungo. Dipende da noi, da quello che ci fa sentire meglio e più a nostro agio.
LA GRUPPOANALISI PARLA DI “GRUPPO INTERNO”: IN CHE SENSO?
La teoria della gruppoanalisi sottolinea che ciascuno di noi si porta dentro le proprie figure di accudimento principali, quelle da cui abbiamo imparato come si fa a stare nel mondo, cosa è giusto e cosa non lo è, quali sono le emozioni lecite e quali no e così via. Mamma e papà spiccano, perché è da loro che dipende la nostra sopravvivenza.
Per esempio può essere che di fronte a un bambino che piange disperato per un motivo futile tu senta una profonda empatia e il bisogno di prenderlo in braccio e calmarlo. Oppure puoi sentirti molto infastidito e dirgli qualcosa tipo: “Smettila di fare capricci!” o “Stai facendo finta”. Ecco la tua reazione di fronte a quel bambino dipende molto da quali sono state le reazioni che i tuoi genitori hanno più spesso con te quando piangevi. In un certo senso, in quel momento, quel bambino diventi tu e tu, che ora sei adulto, diventi il genitore che ti porti dentro.
Nel tempo il neonato fa suoi gli atteggiamenti, i vissuti, le regole di comportamento che i genitori gli trasmettono, fino a che diventano parte di lui. Le neuroscienze oggi dimostrano ciò che gli psicologi intuiscono da decenni: le esperienze molto intense o quelle ripetute molte volte (per esempio una mamma che quando piango mi risponde prevalentemente: “Non fare i capricci”) in qualche modo vengono “scritte” nel cervello e contribuiscono all’organizzazione della mente.
Le recenti scoperte neuroscientifiche infatti dimostrano che il cervello cambia continuamente. Per tutto il corso della vita nascono e muoiono neuroni che creano tra loro sinapsi, cioè connessioni, in base alle informazioni più frequenti che arrivano dall’organismo e dall’ambiente esterno.
Riprendendo l’esempio precedente: cosa imparo di me se la maggior parte delle volte che piango vengo preso in braccio e consolato? Qualcosa del tipo che sono degno d’amore e posso esprimermi. Che cosa imparo di me se la maggior parte della volte che piango mi viene detto di non fare i capricci? Qualcosa del tipo che lo sanno mamma e papà, non io, quando è giusto che io mi esprima e quando no.
Queste esperienze, queste idee di me, vanno a formare un gruppo interno fatto dalle voci di mamma e papà e degli altri agenti di cura. La gruppoanalisi sottolinea che inizialmente sono mamma e papà a dire: “Non è vero che hai bisogno, sei solo capriccioso”. Ma ad un certo punto sarai tu stesso a rinunciare ad ascoltare la tua voce personale che ti dice del tuo bisogno e ti dirai: “Sono capriccioso”.
Il fatto è che le informazioni che queste voci esterne e interne ci mandano su noi stessi, ripetendosi, producono risposte che ben presto diventano automatiche. Scopo della gruppoanalisi è che tu possa distinguere la tua voce dalle altre, che tu possa farla emergere. Questo per me è stato il senso della mia analisi personale (con una terapeuta gruppoanalista).
Le esperienze contano per tutta la vita, il cervello può sempre riorganizzarsi ed è proprio per questo che la psicoterapia funziona. Quelle fatte da bambini però saranno particolarmente significative perché “tracceranno la strada” che verrà più facilmente scelta in automatico in tutti i casi in cui l’individuo, man mano che cresce, si troverà in situazioni simili.
Sembra sia questo il meccanismo, ipersemplificato, per cui da adulti tendiamo a replicare quello che ci è accaduto da bambini, anche quando i nostri vissuti sono molto dolorosi: è questo il mondo che conosco ed è quel tipo di risposta che il mio cervello più facilmente mette in atto.
LA CENTRALITÀ DELLA RELAZIONE TRA TE E ME
Ciò su cui insisteva Napolitani era la relazione analitica. Se è dentro alle relazioni che si sviluppano i disturbi psicologici è nella relazione che si superano. Terapeuta e paziente sono compagni di viaggio. Ciò che conta tra noi più di tutto, più di qualunque tecnica e di qualunque libro io abbia letto sarà il nostro incontro. Tu sarai il mio miglior collega.
Come terapeuta che nasce nella gruppoanalisi ritengo fondamentale ciò che accade tra di noi nel qui ed ora.
Saremo insieme tu con la tua storia e io con la mia. Tu con le tue dinamiche e io con le mie. Il nostro modo di stare insieme sarà unico e particolare e sarà grandemente influenzato dalle nostre storie e da come abbiamo riorganizzato dentro di noi ciò che ci è accaduto nel corso della vita.
Uno dei miei compiti più importanti sarà monitorare questo aspetto e capire cosa sta accadendo tra di noi momento dopo momento, per poter riconoscere le dinamiche in atto. Devo quindi essere ben consapevole di ciò che mi muove e di quelli che sono i miei nodi non ancora sbrogliati. È questo un altro importantissimo punto per chi proviene dalla grupponalisi: non si può fare gli psicoterapeuti se non si è fatto un lavoro su di sé.
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