Terapia degli attacchi di panico e traumi
La terapia degli attacchi di panico deve tenere conto della stretta relazione che intercorre tra trauma e panico.
Quando hai un attacco di panico ti senti morire, puoi avere paura di perdere il controllo e di impazzire.
Gli attacchi di panico sono caratterizzati da sintomi come difficoltà respiratoria, dolori al torace, tachicardia, nausea, vertigini. La loro manifestazione è prima di tutto somatica.
Gli attacchi di panico compaiono improvvisamente, senza una ragione chiara. Inoltre la loro manifestazione è molto rapida e nel giro di pochi minuti (di solito meno di una decina) raggiungono l’apice.
Queste caratteristiche rendono le crisi traumatiche di per sé.
La terapia degli attacchi di panico sarà probabilmente molto veloce e semplice se hai avuto un singolo episodio di panico. Frequentemente però le crisi si ripetono. In questo caso si parla di disturbo di panico.
Vediamo come funziona il circuito del panico e qual è dunque la terapia degli attacchi di panico.
Come detto stress e stanchezza sono fattori favorenti, ma molto molto spesso l’origine degli attacchi di panico va cercata nel passato.
La paura che caratterizza gli attacchi di panico non è scatenata da un pericolo reale, bensì da un’interpretazione errata di un elemento reale. Può accadere che un elemento di realtà riattivi un evento traumatico vissuto nel passato, anche remoto. Spesso, senza che tu ne sia consapevole.
Per esempio un certo odore può essere associato a un abuso subìto in età infantile; risentirlo 15 anni dopo può scatenare un attacco di panico. Oppure un’immagine, un suono, l’abbaiare di un cane o qualsiasi altro elemento; qualcosa che si sta effettivamente presentando e che di per sé è neutro ma riattiva qualcosa di traumatico vissuto precedentemente. Per esempio un incidente, un terremoto, una malattia, un’umiliazione.
Le cure primarie che abbiamo ricevuto da parte delle nostre figure di attaccamento hanno contribuito a costruire il nostro cervello, nel vero senso della parola. Centrale è il tipo di risposte ricevute dai nostri genitori, in particolare nei primi due anni di vita, quando manifestavamo un bisogno. Queste risposte hanno determinato la nostra capacità di calmarci, di regolarci, di rilassarci. Hanno determinato la nostra possibilità di vedere il mondo come un posto accogliente o minaccioso: se ho paura mamma mi accoglie o si arrrabbia?
Tutto questo è avvenuto attraverso la costruzione di sinapsi e l’eccitazione del sistema nervoso che queste risposte hanno determinato.
Se le cure sono carenti il nervo vago, quello che risponde in caso di pericolo, viene continuamente sollecitato; sarà dunque molto più facile sviluppare, in età adolescenziale o adulta, un disturbo di panico. Quando la nostra capacità di autoregolazione è stata inficiata fin da piccoli diventa molto più probabile l’insorgenza di risposte ansiose di fronte a stimoli minacciosi.
Molto spesso la terapia degli attacchi di panico è anche una terapia del sistema dell’attaccamento.
I fattori che favoriscono il presentarsi di un attacco di panico sono i periodi di grande stanchezza fisica o pressione emotiva. In questi periodi la persona può facilmente diventare ansiosa, un po’ sempre “pronta a scattare”.
In uno stato di base ansioso quell’elemento di realtà associato inconsapevolmente all’evento traumatico amplifica l’ansia; questo produce iperventilazione e la respirazione eccessiva fa diminuire l’anidride carbonica nel sangue.
La diminuzione di anidride carbonica scatena capogiri, formicolii, stordimento, debolezza, dolore al petto; da qui la sensazione di panico crescente.
Nella terapia degli attacchi di panico la psicoeducazione su questo meccanismo è fondamentale.
Una parte del nostro cervello che si chiama amigdala è la responsabile delle azioni automatiche che avvengono quando percepiamo un pericolo (reale o meno). L’amigdala “rapisce” il cervello, disconnette la capacità di ragionamento e valutazione per farci agire velocemente e suona l’allarme. Così si attiva un nervo, il vago, connesso con tutti gli organi che poi sono coinvolti con le risposte al pericolo (polmoni, intestino, viso ecc).
I traumi, in generale, si portano dietro tre grandi categorie di sintomi. Innanzitutto l’intrusività. Un evento è traumatico quando, per le sue caratteristiche, non riesce ad essere integrato nell’insieme del cervello. Allora il cervello sente il bisogno di chiuderlo, di lasciarlo nel passato; quindi continua a riproporlo alla coscienza attraverso immagini, flashback, frammenti di ricordo.
Tutto questo crea il secondo tipo di sintomi: l’iperattivazione fisiologica. I pensieri intrusivi ti disturbano, ti fanno sentire ansioso, ti impediscono di dormire, di mangiare, di svolgere le normali funzioni quotidiane.
Allora il cervello si protegge attraverso il terzo tipo di sintomi: l’evitamento. Per non provare le sensazioni spiacevoli associate al trauma eviti tutte le situazioni che in qualche modo possono ricordarlo.
In qualche modo la tua mente associa quella situazione al panico, così ti convinci che quella situazione si la causa del panico. Questo è il meccanismo del condizionamento. Poi cominci a fare ipotesi su quali possono essere altre situazioni che causano il panico, attraverso il meccanismo della generalizzazione.
Nella terapia degli attacchi di panico bisogna occuparsi anche della paura della paura, che genera evitamenti e reazioni di allarme.
Eviti allora stimoli che temi provocherebbero un attacco di panico; oppure situazioni in cui, se l’attacco di panico si verificasse, sarebbe troppo disturbante. Per esempio sull’autobus, o in mezzo alla folla o dove non puoi ricevere aiuto immediato.
Così si strutturano facilmente delle fobie. Infatti, non a caso, il disturbo di panico è associato all’agorafobia.
Nel bel mezzo di un attacco di panico la tua mente razionale è scollegata perché, come detto, a prendere il controllo del cervello è l’amigdala. In quei momenti non puoi pretendere di pensare. Diverso è nei momenti immediatamente precedenti. Quando cominci a sentire il respiro corto, o il primo giramento di testa, o il cuore che accelera infatti hai ancora un certo controllo cognitivo.
Per questo è fondamentale che tu conosca il circuito del panico, soprattutto il ruolo degli elementi traumatici e della carenza di CO2.
Il meccanismo è il seguente:
È fondamentale avere queste informazioni affinché in quei momenti tu possa dirti: “Non sto per morire, è solo panico”. Dirti che qualcosa ha scatenato una paura, che è legittima, ma legata al passato. Che in questo momento non sei davvero in pericolo, che puoi rallentare la respirazione; puoi mettere una mano sulla pancia e concentrarti sull’addome che si alza e si abbassa per connetterti col tuo respiro.
La terapia degli attacchi di panico è dunque fatta di psicoeducazione, installazione di risorse per gestione immediata dell’attacco di panico e terapia del trauma originario. La risoluzione del problema può essere semplice, se il trauma sottostante è uno e la tua storia di vita è ricca di fattori protettivi. Altrimenti la terapia degli attacchi di panico sarà più complessa, perché gli aspetti da elaborare saranno molteplici.